Baluardo San Benedetto, poi Barriere
Dell'antica architettura militare di fine Quattrocento, poi modificata a più riprese nel secolo successivo, non rimane nulla: al pari, i bombardamenti dell'ultima guerra hanno cancellato le tracce delle Barriere ottocentesche.
Cenni storici
Ultimata nel 1497, l'antica Porta di San Benedetto presidiava il principale accesso occidentale di Ferrara, posto al termine del lungo decumano dell'Addizione Erculea, ossia gli attuali corsi Porta Po-Biagio Rossetti-Porta Mare. Venne modificata tra il 1514 e il 1521 con l'inserimento di un antistante baluardo triangolare progettato dall'ingegnere Sebastiano Bonmartini da Monselice, e ulteriormente trasformato nel 1582 durante la signoria di Alfonso II d'Este a protezione dell'omonima porta, denominata dai francesi Porta Po nel 1798.
L'intera struttura architettonica venne demolita a partire dal 1846 per fare spazio alle due barriere daziarie (definite dai ferraresi “i quatar garidun”, cioè “i quattro comodini”) poste alla confluenza dei due principali assi viari della città: gli attuali Corso Porta Po e Viale Cavour, quest'ultimo costruito sull'antico tracciato del famoso Canale Panfilio, definitivamente tombato tra il 1865 e il 1880.
Va ricordato che negli anni '40 del Novecento fece breccia nel dibattito culturale cittadino (e non solo) l'ipotesi della totale demolizione del tratto murario tra le Barriere e i baluardi di Santa Maria e di San Paolo dell'ex fortezza, giudicato di scarso valore e di ostacolo all'espansione urbana: siamo a pochi anni di distanza dall'istituzione della “Zona Industriale nel Comune di Ferrara” (Regio Decreto 26 dicembre 1936-XIV) nell'area nord-ovest, ovest e sud-ovest, compresa tra il Po, la strada nazionale Ferrara-Padova, il canale Boicelli, il Volano (con una nuova darsena), la strada Ferrara-Bologna, la linea delle vecchie mura cittadine, viale Battisti e la strada di San Giacomo.
A seguito dei danni provocati dai bombardamenti del 1944, anche le barriere daziarie furono eliminate nel 1951 e nel decennio successivo tutta la cortina sudoccidentale subì diverse lacerazioni nei punti d'innesto degli ingressi stradali verso la Stazione ferroviaria: sorse in seguito, tra non poche polemiche, l'imponente edificato residenziale circostante che apportò le più gravi menomazioni alla cinta murata della città.
Il Canale Panfilio
Il canale che univa Ferrara a Pontelagoscuro fino al 1645 veniva chiamato Cavo del Barco, poi in onore di papa Innocenzo X Pamphilj assunse il nome di Canale Panfilio. Fino al 1647 le barche che solcavano il Cavo non entravano nel centro di Ferrara, ma erano costrette a fermarsi alla Porta di San Benedetto, poiché da quel punto fino al castello l'antica fossa dei giardini ducali (o Cavo dei giardini) non era più navigabile, solcata dai quattro ponti del Violino, di San Gabriele, di Santa Lucia e della Rosa. Fu il cardinal legato Giovanni Stefano Donghi a far scavare tra la fine del 1644 e il 1645 l'alveo e contemporaneamente a ristrutturare gli argini della fossa che da Porta San Benedetto arrivava al castello, rendendola navigabile.
Valutati gli alti rischi igienici del progressivo imputridimento delle sue acque, a partire dal 1840 le autorità comunali si convinsero sempre più dell'opportunità di interrare il canale e di sostituirlo con una spaziosa via urbana che si unisse alla direttrice di Corso Giovecca. L'idea contemplava anche la sistemazione e l'ampliamento stradale della Barriera di Porta Po, per favorire l'entrata in città. I lavori d'interramento iniziarono in realtà nel 1861 e nel 1865 si arrivò alla colmatura dell'asse viario e del condotto idrico fino a Corso Isonzo: solo nel 1880 i lavori furono completati e allora la strada fu intitolata al conte Camillo Benso di Cavour.
Bibliografia
Sitografia
- https://www.ottocentoferrarese.it/dizionario-storico-dellottocento-ferrarese/indice-alfabetico/item/54.html
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Ente Responsabile
- Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara