Scheda: Soggetto - Tipo: Persona

Ludovico Ariosto

Copia del dipinto di Dosso Dossi (l'originale è andato perduto), Biblioteca Comunale Ariostea.

Ludovico Ariosto (1474-1533) è tra i più importanti poeti italiani attivo a Ferrara presso la corte dei Duca d’Este. Il suo capolavoro è il poema cavalleresco Orlando furioso, scritto e rivisto in tre edizioni tra il 1516 e il 1532.


Nascita: 1474

Morte: 1533

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Da Reggio a Ferrara

Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia (si pensa nella Cittadella) nel 1474, primo di dieci figli, da Niccolò Ariosto, discendente da una nobile famiglia Bolognese poi trapiantata a Ferrara e Daria Malaguzzi Valeri, dell’aristocrazia reggiana. Niccolò era all’epoca al servizio di Ercole I d’Este come Comandante di guarnigione richiamato poi a Ferrara nel 1484 come tesoriere generale delle truppe e successivamente capo dell’amministrazione comunale. A Ferrara dimorerà con la famiglia nella casa in via Giuoco del Pallone. Il giovane Ludovico, di allora dieci anni, inizia la sua formazione coi precettori Domenico Canta bene e poi con l’umanista Luca Ripa per proseguire, su volere del padre, gli studi di legge - dal 1489 al 1493: cinque anni questi particolarmente sofferti dal poeta che così li descrive nelle Satire:

 

Ahi lasso! Quando ebbi al pegàseo melo
L’età disposta, che le fresche guancie
Non si vedean ancor fiorir d’un pelo,
mio padre mi cacciò con spiedi e lancie,
non che con sproni, a volger testi e chiese,
e me occupò cinque anni in quelle ciancie
(Sat. VI, 154-159)

 

In quegli anni affianca gli studi giuridici a una libera attività poetica partecipando alle rappresentazioni teatrali della compagnia creata da Ercole I d’Este. A quel periodo risale una sua opera, purtroppo perduta, Tragedia di Tisbe, mentre per la morte di Eleonora d’Aragona produce una delle sue prime opere in volgare che saranno preludio alla successiva attività poetica.

Nel 1494 ottiene il consenso dal padre ad abbandonare gli studi giuridici per dedicarsi interamente a quelli, approfondendo prima la comprensione del latino sotto la guida di Gregorio da Spoleto col proposito poi di dedicarsi alla letteratura greca. Intento mancato per la partenza di Gregorio per la Francia al seguito del principe di Milano Galeazzo Sforza, di cui era il nuovo tutore. Di questo periodo è l’orazione di apertura dell’anno accademico nello Studio di Ferrara, composta da Ariosto e dedicata a Ercole I d’Este da cui sarà assunto nel 1498. Alla morte del padre Niccolò nel 1500, Ludovico affronta un periodo di gravi ristrettezze economiche, dovendo sovrintendere all’economia della famiglia e provvedere all’educazione dei fratelli minori, di cui assume la tutela e lo portarono ad affrontare un periodo di grande sconforto.

 

Mi muore il padre, e da Maria il pensiero
Drieto a Marta bisogna ch’io rivolga,
ch’io muti in squarci et in vacchette Omero.
(Sat. IV, 199-201)

Il cardinale Ippolito d'Este

Per far fronte alle incombenze economiche Ludovico accetta e ricopre dal 1501 al 1503 l’incarico di Capitano della Rocca di Canossa entrando poi al servizio del cardinale Ippolito I d’Este, in virtù dell’alta rispettabilità della famiglia acquisita grazie ai servizi di suo padre e alle riconosciute capacità personali presso la corte Ercole I d’Este. Lo stesso anno prende gli ordini minori, che gli valgono alcuni benefici ecclesiastici ma soprattutto gli assicurano una discreta tranquillità economica. Del 1503 è anche la nascita del primogenito Giovanbattista da parte di una certa Maria, probabilmente domestica di casa Ariosto che confortò il poeta nella residenza solitaria di Canossa. Degli anni a servizio del cardinale serba un sentimento di costrizione che nelle Satire descrive come un giogo opprimente che lo costringe in svariati viaggi e ambasciate, e di scarsa gratificazione letteraria pur non limando la sua produttività. È del 1507 l’Egloga ispirata alla congiura ai danni del cardinale Ippolito organizzata tra gli altri da don Giulio e da Ferrante d’Este. A contribuire a creare un clima di sconforto, successivamente alla morte del padre è la scomparsa nel 1507 del cugino e amico Pandolfo Ariosto, da cui spesso trovò ospitalità e rifugio nella sua villa a Copparo:

 

...parente, amico, fratello, anzi
L’anima mia, non mezza intiera
Senza ch’alcuna parte me ne avanzi,
morì, Pandolfo…
(Sat. VI, 220-223)

L'attività diplomatica

Tra il 1506-1515 Ludovico Ariosto intensifica le sue responsabilità di funzionario di corte, caratterizzate da una fitta attività diplomatica e da un’ intensa produzione letteraria. È del gennaio 1507 l’ambasciata a Mantova per la nascita di Ferrante, figlio della marchesa, sorella del cardinale Ippolito, Isabella d’Este. In questa occasione Ariosto narra per la prima volta della stesura dell’Orlando furioso, già avviata due anni prima. Da allora il poema diventerà un impegno costante nella produzione letteraria del Poeta, pur soggetto alle incombenze del lavoro presso il Cardinale e approfittando delle sue assenze per lavorarvi in maniera più assidua. “una carriera artistica con un solo libro al centro, impostato ed elaborato, corretto e ricorretto senza soste per trent’anni, non abbandonato definitivamente neppure sulle soglie della morte”, così descrive in una nota il critico Lanfranco Caretti l’opera di Ludovico Ariosto il quale, nonostante la forte insoddisfazione, decise tuttavia di dedicare il Poema al cardinale Ippolito I d’Este, nel 1516. Sono anni in cui lavora come ambasciatore a Roma presso Papa Giulio II per conto del Cardinale al fine di ottenere salvacondotti per le acquisizioni violente messe in atto da sua eminenza, come nel caso dell’abbazia di Nonantola, o per lo sfruttamento illegale delle saline di Comacchio. In questo periodo si stringe il legame col duca Alfonso I d’Este.

L'intensa produzione e gli amori

Di questi anni è l’attività teatrale di corte a cui si riferiscono la composizione di due commedie in prosa: la Cassaria (1508), e I Suppositi (1509), entrambe inscenate nel Palazzo Ducale di Ferrara. Nel 1509 nasce il suo secondo figlio Virginio, frutto della relazione con Orsolina, figlia di un chiodaiolo di Modena, Giovanni Sassomarino. Ludovico nutrirà sempre un profondo affetto per questo figlio illegittimo provvedendo personalmente alla sistemazione e alla dote della madre, data in sposa al suo fattore Malcise.

Nel 1513, in seguito all’elezione di Leone X (Giovanni de’ Medici), che era in buoni rapporti sia col poeta che con la corte ferrarese, Ariosto si reca a Roma, con Alfonso e Ippolito, per le felicitazioni in onore del nuovo pontefice e confidando, invano, di ottenere qualche ufficio remunerativo, forse vescovile. Il 24 giugno dello stesso anno, durante un soggiorno a Firenze, dichiarò il suo amore ad Alessandra Benucci Strozzi, moglie di Tito Strozzi, già conosciuta e ammirata a Ferrara dove risiedeva, dando inizio a una relazione sentimentale che durò per tutta la vita. In seguito alla morte del marito nel 1515, la Benucci si trasferisce a Ferrara ma diviene sposa del Poeta solo tra il 1528-30: le nozze, avvenute in gran segreto, permisero all’Ariosto di mantenere i benefici ecclesiastici e alla Benucci di conservare la tutela delle figlie oltre alla rendita dei beni del marito.

Il primo “Furioso” e il lavoro presso Alfonso I d’Este

1516. Dalla tipografia di Giovanni Mazzocco di Bondeno esce la prima edizione dell’Orlando furioso in quaranta canti e dedicato al cardinale Ippolito. L’anno seguente, complici problemi di salute, le necessità di famiglia ma soprattutto per non spezzare il legame con Alessandra e per non staccarsi dagli amati studi, Ludovico si rifiuta di seguire il cardinale in Ungheria dove è stato nominato vescovo di Agria. Il gesto segna la rottura definitiva dei rapporti con Ippolito I d’Este. Il protettore non fu mai soddisfatto dalle pur nobili e degne motivazioni del Poeta e accusò Ariosto di ingratitudine nei suoi confronti privandolo degli avari favori economici che gli aveva concesso. L’amarezza verso il cardinale trova sfogo nelle Satire (sette in tutto dal 1517 al 1525), in particolare nella I, e che compongono una sorta di «autobiografia morale» in forma epistolare del poeta. Da 23 aprile del 1518 Ariosto figura tra gli stipendiati del duca Alfonso I d’Este per intercessione del segretario del Duca, Bonaventura Pistofilo. Al suo servizio riesce a riprendere i suoi studi e l’attività di commediografo con la commedia in versi intitolata I Studenti (rimasta incompiuta) e, nel 1520, termina Il Negromante, iniziato nel 1509, e di cui poi omaggerà Papa Leone X. Nel 1521 pubblica per i tipi di Giovan Battista la Pigna la seconda edizione del Furioso, sempre in quaranta canti, con poche correzioni linguistiche e stilistiche.

La Garfagnana e gli ultimi anni a Ferrara

Dal 1522 al 1525 risiede in qualità di Governatore a Castelnuovo in Garfagnana “la fossa profonda” dove sarà accompagnato dal figlio Virginio. Nei tre anni fronteggia situazioni difficili, a causa del brigantaggio e dei riottosi signorotti locali, ricoprendo il suo incarico con fermezza e mostrandosi adeguato al suo ruolo e pratico negli affari politici. Tuttavia il suo spirito lo riporta alla più tranquilla e sospirata vita ferrarese.

Rientrato a Ferrara, Ariosto si trasferisce in contrada Mirasole (oggi via Ariosto), in una casa sulla cui facciata era posta la citazione da Orazio «Parva sed apta mihi» («Piccola ma adatta a me»); dove trascorre nella quiete e nella serenità dei propri studi gli ultimi anni della sua vita tra gli affetti di Alessandra Benucci e del figlio Virginio. Abbandonato l’incarico di commissario e potendo finalmente vivere di rendita, Ariosto si rivolge pienamente. Di questi anni sono la Lena (1528), la sua più importante commedia e la Cassaria (1528) riscritta in versi e i Suppositi (1531). Dopo dieci anni di revisione stilistica e ampliamento 1532, viene pubblicata la terza e ultima redazione del Furioso, in quarantasei canti. Il 6 luglio 1533 Ariosto muore per complicazioni polmonari nella sua casa a Ferrara. La salma sepolta nel monastero della chiesa di San Benedetto e, spostate nel 1801, le sue spoglie si trovano oggi nella sala maggiore della Biblioteca Ariostea di Ferrara.

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara

Autore

  • Stefania De Vincentis