Baluardo di Sant'Antonio
Intermedio tra quello dell'Amore e quello di San Pietro, il Baluardo di Sant'Antonio è quello più vicino al monastero dei Sant'Antonio in Polesine, da cui prende il nome: dalla tipica forma ad “asso di picche” risale agli anni '80 del '500
Cenni storici
Situato in corrispondenza del monastero benedettino di Sant'Antonio in Polesine, è l'elemento centrale del sistema bastionato meridionale a ridosso della sponda del fiume Po, quasi del tutto interrato già alla fine del XVI secolo. Assieme ai baluardi di San Pietro e dell'Amore, anche questa struttura venne edificata su impulso del duca Alfonso II d'Este tra il 1583 e il 1585, con la direzione tecnico-progettuale dell'architetto argentano Giovanni Battista Aleotti (1546-1636) e la partecipazione del capomastro Paolo Roy. Il materiale per la costruzione proveniva dalle strutture di Castel Nuovo in via di demolizione dopo il rovinoso terremoto del 1570 e da varie fornaci cittadine, tra cui quella presso la Punta di San Giorgio.
Nei fianchi del manufatto erano previsti due ordini di tiro, i cosiddetti “fuochi traditori”, così chiamati perché nascosti dagli orecchioni alla vista del nemico: in particolare nei bastioni ad asso di picche si aprirono “cannoniere scoperte” in alto e “piazze da basso”, delimitate da alte muraglie. Le artiglierie, poste sia nei fianchi che sulle facce dei baluardi, potevano quindi proteggere le cortine rettilinee, fiancheggiare le facce dei baluardi attigui e attaccare simultaneamente in direzione del vallo antistante, di fatto applicando le tecniche più avanzate della trattatistica militare cinquecentesca (Scafuri 2003, p. 55).
La cortina perimetrale è rinforzata da speroni perpendicolari, interrati, sempre di ottanta centimetri di spessore. Come negli altri baluardi alfonsini, anche in questo di Sant'Antonio i restauri degli anni '80-'90 del secolo scorso sanarono i gravi danni strutturali emersi: ampie lesioni esterne, distorsioni nella struttura muraria all'interno del rilevato, mentre gli speroni presentavano lesioni maggiori specie in corrispondenza dell'ammorsatura tra sperone e muratura perimetrale e sui lati verticali e rettilinei (Bernardi-Pastore 2003, p. 145).
Di estremo interesse appare la vasta area prospiciente i baluardi occupata dal vallo un tempo allagato. Le difese esterne costituite dalla controscarpa, dalla via coperta e dagli spalti che giungevano fino ai limiti del Po di Volano apparivano nitide ancora fino a poco dopo la Seconda guerra mondiale: il sottomura era coltivato a pioppeto industriale che impediva la visione delle opere bastionate, mentre i terrapieni hanno subito una sensibile riduzione nel 1967 per allargare la strada interna a ridosso dell'abitato (l'attuale Via Baluardi).
Le gallerie e le casematte dei grandi baluardi meridionali (dalla sezione variabile attorno ai due metri di larghezza e altrettanti di altezza) furono utilizzate come rifugi antiaerei tra il 1943 e il 1945, così come anche al termine del conflitto funsero da riparo per indigenti e sfollati: sebbene murate, le tracce degli ingressi sono ancora ben visibili.
Bibliografia
- Rossana Torlontano, Il sistema fortificato di Ferrara prima della costruzione della fortezza del papa e il ruolo di Giovan Battista Aleotti in Opus. Quaderno di storia dell'architettura e restauro, 6 1999 , pp. 207-230
- Giuliano Mezzadri, Analisi e consolidamento strutturale, in Maria Rosaria Di Fabio (a cura di), Le mura di Ferrara. Storia di un restauro, Minerva, Bologna 2003 , p. 170
- Maurizio Bernardi, Michele Pastore, Il restauro delle Mura: gli interventi, in Maria Rosaria Di Fabio (a cura di), Le mura di Ferrara. Storia di un restauro, Minerva, Bologna 2003 , pp. 144-145
- Francesco Scafuri, Le mura di Ferrara. Un itinerario attorno alla città, tra storia ed architettura militare, in Maria Rosaria Di Fabio (a cura di), Le mura di Ferrara. Storia di un restauro, Minerva, Bologna 2003 , pp. 55-57
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Ente Responsabile
- Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara