Isabella d'Este
Sorella del duca Alfonso I d’Este e sposa del marchese Francesco Gonzaga di Mantova, la "Marchesana" fu grande estimatrice del lavoro di Ludovico Ariosto, il quale godette in più occasioni del poter narrare alla nobildonna, in anteprima, le vicende del suo Furioso.
Protettrice di letterati e artisti
Furono due le donne alla corte estense che catalizzarono l’attenzione dell’Ariosto, Lucrezia Borgia, moglie di Alfonso I d’Este, e Isabella d’Este, sorella di quest’ultimo e figlia di Ercole I. Se di Lucrezia Ariosto cantò le lodi della sua straordinaria bellezza, fu per Isabella, marchesa di Mantova, che espresse la più viva ammirazione oltre che per la sua avvenenza, per la sua mente brillante, aperta alla cultura e sensibile all’arte. Fu lei ad incarnare più di ogni altra dama del Rinascimento l’ideale di donna intelligente e colta e fu lei la prima ad apprezzare la qualità dell’Orlando furioso, e a dilettarsi con le avventure che lì erano narrate. All’interno del Poema l’Ariosto affidò alle parole della maga Melissa il compito di descrivere la marchesa di Mantova,
De la tua cara stirpe uscirà quella
D’opere illustri e di bei studii amica,
ch’io non so ben se più leggiadra e bella
mi debba dire, o più saggia e pudica,
liberale e magnanima Isabella,
che del bel lume suo dì e notte aprica
farà la terra che sul Menzo siede
….
Dove onorato e splendido certame
Avrà col suo degnissimo consorte
…
Gran cose e molte in brevi detti accolgo
Di questa donna, e più dietro ne lasso,
…
Conchiudo in somma ch’ella avrà, per dono
De la virtù e del ciel, ciò ch’è di buono.
(O. F. XIII, 59-61)
Isabella d’Este fu la protettrice di letterati e artisti, promuovendo le opere e gli studi di tutti coloro le dimostrassero di possedere degno talento o buona volontà, non risparmiando aiuti e incoraggiamenti anche ad artisti mediocri. Alla corte della Marchesana, così come veniva chiamata la marchesa di Mantova, trovarono ospitalità intellettuali e letterati da tutte le aree geografiche d’Italia oltre che artisti come Mantegna, Leonardo, Correggio. C’era il gruppo mantovano, di cui facevano parte uomini insigni come Mario Equicola, Baldassar Castiglione, Francesco Virgilio; il gruppo ferrarese, tra cui Boiardo, Ercole Strozzi, Battista Guarini, e ovviamente, l’Ariosto; un gruppo lombardo, a cui aderivano i maggiori intellettuali della corte di Ludovico il Moro, quali il Belincioni, Gaspare Visconti, Veronica Gambara; del veneto invece spiccavano il Vinciguerra, il Bembo, il Flaminio; dell’Italia centrale, il Machiavelli, il Pistoia, il Bibbiena, infine dall’Italia meridionale, il Cariteo e il Pontano, per citare solo alcuni degli illustri intellettuali alla corte mantovana.
L'affetto di Ariosto
L’affetto di Ariosto per Isabella d’Este è ben documentato dalle lettere che in più episodi scandirono il rapporto di reciproca stima tra il Poeta e la marchesa. Sicuramente Ariosto ebbe modo di conoscere Isabella all’interno della corte estense, intrattenendosi con lei e confrontandosi sui paladini descritti nel Furioso, tra i quali lei preferiva Rinaldo. Sono anche noti episodi relativi al periodo in cui Isabella era già marchesa di Mantova, come quello del 1507 quando, in una lettera al fratello, il Cardinale Ippolito I d’Este, Isabella espresse la sua gratitudine per averle inviato Ludovico Ariosto. La marchesa, ancora sofferente per aver da poco partorito il figlio Federico, fu allietata dal racconto di alcuni passaggi del Furioso, raccontando di aver trascorso, grazie a questi racconti, due giorni non solo senza fastidio ma anche di grandissimo piacere (Bertoni 1919, p. 171). Sono diversi i passaggi nel Furioso in cui si trova un chiaro riferimento alla marchesa di Mantova, tra questi spicca il personaggio di Isabella, che pur di rimanere fedele alla memoria dell’amato Zerbino sacrifica sé stessa. Oltre all’evidente omonimia, le virtù della donna richiamano l’immagine della marchesa di Mantova, le cui doti sono così descritte:
per l’avvenir vo’ che ciascuna ch’aggia
il nome tuo, sia di sublime ingegno,
e sia bella, gentil, cortese e saggia,
e di vera onestade arrivi al segno
(O. F. XXIX)
A Mantova Isabella d’Este aveva assunto la posizione di prima donna, non solo per il suo ruolo di marchesa, ma soprattutto per quella “dosatura di atteggiamenti e di iniziative e per quella condotta tanto intelligente e persuasiva” (Chiappini 2001, p. 193) che era difficile aspettarsi in una giovane donna staccata dalla sua terra d’origine. Seppe, Isabella, farsi carico e gestire le incombenze governative nel momento in cui il marito Francesco venne chiamato a dirigere le truppe durante gli scontri bellici contro Carlo VIII. Non solo, ma riuscì con grande abilità a ottenere da papa Giulio II la scarcerazione del marito fatto prigioniero dai veneziani. L’ammirazione e l’adorazione nei confronti della marchesa fu tale che a lei Ariosto inviò, con una nota lettera del 9 ottobre 1532, l’ultima e ampliata versione del suo Poema: “Io mando a Vostra Excellentia uno de li miei Orlandi furiosi, ch’avendoli meglio corretti ed ampliati di sei canti, e di molte stanze sparse di qua e di là pel libro, mi parrebbe molto uscir del debito mio, se io, innanzi a tutti gli altri, non ne faccessi copia a Vostra Excellentia, come a quella che riverisco e adoro, e alla quale so che le mie composizioni (sieno come si vogliono)essere gratissime sogliono” (Lett. 55).
Sitografia
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Ente Responsabile
- Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara
Autore
- Stefania De Vincentis