Scheda: Luogo - Tipo: Edifici

Basilica di San Francesco

Il prospetto della chiesa dalla piazzetta antistante

La Basilica, iniziata dall’architetto Biagio Rossetti, conserva al suo interno le tombe degli estensi. Si trova a fianco dell’Oratorio dell’Immacolata Concezione, sede della scuola dei giuristi dello Studio Ferrarese, dove l’Ariosto frequentò i corsi di legge.


VIA TERRANUOVA 31

Costruzione: 1494

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  • La città di Ludovico Ariosto

L'Oratorio dove studiò Ariosto

I luogo è strettamente legato agli anni giovanili di Ludovico Ariosto quando si svolse la sua prima formazione universitaria. Nei fabbricati posti sul lato sinistro della Basilica si trovano gli ambienti dell’Oratorio dell’Immacolata Concezione, un tempo sede della scuola per giuristi dello Studio Ferrarese che vantava tra i suoi iscritti anche l’astronomo Nicolò Copernico, che lì si laureò in Diritto Canonico. Sugli stessi banchi Ludovico Ariosto spese cinque sofferti anni (1489-1494) dedicandosi agli studi di legge, dopo esser stato obbligato verso l’indirizzo giuridico dal volere paterno. Solo alla fine di questo periodo ottenne il permesso di abbandonare “quelle ciancie” per dedicarsi alla care lettere. Lo sgradito ricordo di quegli anni resta impresso nelle Satire, e soprattutto in quella che Ariosto dedicò all’amico e studioso Pietro Bembo:

 

Mio padre mi cacciò con spiedi e lancie,
non che con sproni, a volger testi e chiose,
e me occupò cinque anni in quelle ciancie.

 

Ma poi che vide poco fruttuose
L’opere, e il tempo in van gittarsi, dopo
Molto contrasto in libertà mi pose.
(Sat. VI, 156-161)

Le tombe degli Ariosti

Oltre che per il tempo gittato negli studi di legge, la Basilica riserva un ruolo importante nella vita di Ariosto e della sua famiglia. Al suo interno venivano infatti ospitate le tombe di nobili famiglie e molti dei congiunti del Poeta vi trovarono riposo. Lì fu deposta la salma di Francesco Ariosti (m. 1499), zio del Poeta. Le sue spoglie vennero conservate all’interno di un pregevole sarcofago ravennate del V secolo, mirabile per la sua struttura composta da nicchie a forma di conchiglie, decorate con altorilievi di figure umane tra cui centrale è quella del Redentore e alla cui base figura lo scudo araldico con l’arma ultima (1469) degli Ariosti (il palato sormontato da un’aquila coronata).
Il chiostro posto al lato della Basilica era, invece, riservato a custodire le tombe dei signori Estensi. Le loro spoglie venivano conservate nella celebre Arca rossa, una tomba terragna ricoperta di marmi rossi. Un monumento sicuramente ben noto all’Ariosto descritto in una scena del Poema dove Bradamante sosta davanti alla tomba di Merlino:


Era quella arca d’una pietra dura,
lucida e tersa, e come fiamma rossa;
(O. F. III, 14)


Tra gli altri, trovarono qui sepoltura anche Lippa Ariosti (1347), seconda moglie del marchese Obizzo III d’Este e imparentata con il Poeta;nel cimitero attiguo alla Basilica furono invece sepolti gli sfortunati amanti Ugo e Parisina Malatesta, figlio l’uno e seconda moglie l’altra del Marchese Niccolò III, il quale volle punire con tremenda risolutezza il loro tradimento condannandoli alla decapitazione. Altri membri della famiglia Ariosti, appartenenti a diversi rami della dinastia,sono sepolti nell’ala conventuale, tra cui il Nicolò cugino di Lippa; Virginio, figlio del Poeta e il suo più caro cugino e amico, Pandolfo Malatesta.

All'esterno

La chiesa dall’aspetto severo e solenne è opera dell’architetto Biagio Rossetti che dal 1494 intervenne sugli edifici preesistenti fra cui la prima chiesa dedicata al Santo, databile al 1232. “Viveva ancora san Francesco, quando i suoi fervidi ebbero ritiro e culto in Ferrara, benché in luogo non ben definito, ossia non esattamente dove sorge attualmente il convento e il tempio, entrambi mutati e rifatti, spostati, demoliti, riedificati in vari periodi” (Pazzi 1929, pp. 293-294).

La chiesa è stata nei secoli arricchita di dipinti illustri conferendo al tempio un’importanza artistica centrale nel contesto urbano. Fra i quadri più pregiati si ricordano importanti pale di Benvenuto Tisi da Garofalo, rimosse però nel 1864 per essere trasferiti nella Pinacoteca Nazionale dove ancora sono custoditi. La facciata è ornata da uno splendido fregio in cotto che si allunga sul fianco della basilica a testimoniare come il Rossetti facesse volentieri ricorso agli elementi prodotti dall’artigianato locale “sì che le sue opere acquistano, rispetto ai modelli toscani, ricchezza tattile e materica, assumendo una fisionomia familiare nel mondo ferrarese” (Zevi 1960, fig. 128), assimilando e umanizzando nel suo progetto le forme proprie dell’architettura rinascimentale.

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara

Autore

  • Stefania De Vincentis